Cos’è un nerd? È status symbol, è moda, e, quasi agli antipodi di quello che era una volta, “essere nerd” è oggi un sinonimo di appartenenza sociale. Incredibile, visto che, alle origini, “nerd” identificava una persona con una forte passione per la tecnologia, ma con una predisposizione all’isolamento sociale. Oggi le cose sono molto diverse, ed essere nerd, in primis, non richiede una forte conoscenza della tecnologia o del coding. Il termine nasce nel 1950, grazie alla fantasia del Dr. Seuss, scrittore a dir poco seminale per lo sviluppo infantile dell’America degli anni ’50 (e a seguire). Seuss ha la grande abilità di creare mondi popolati da creature fantastiche, e “nerd”, altro non fu che il nome inventato per uno dei tanti animali immaginari della sua opera “If I Ran the Zoo”.
La parola è inventata, ma il suo significato ancora no. Come sempre in questi casi, risalire perfettamente all’etimologia del termine, o anche solo al momento preciso in cui la parola fu utilizzata nella sua accezione più nota, è un lavoro impossibile. Ad oggi la teoria più plausibile è che “nerd” vada fatto risalire all’acronimo della Northern Electric Research and Development, (N.E.R.D. per l’appunto), compagnia i cui impiegati erano soliti indossare un portapenne da tasca su cui, per l’appunto, c’era l’acronimo in bella vista. Da lì allo stereotipo fu probabilmente un attimo. Occhiali in montatura spessa, camicia con taschino (magari a quadri), penne e matite nello stesso in gran quantità, pantalone a vita alta con vistosa cinta per tenerlo su. Il nerd nasce innanzitutto come stereotipizzazione estetica, a cui in seconda istanza verrà incollato un modello comportamentale, di matrice per lo più scolastica.
Il nerd va bene a scuola, è bullizzato, si chiude in se stesso e nei fumetti. Anche qui capire il processo di schematizzazione comportamentale è a dir poco arduo, specie data la scarsa volontà dell’epoca di analizzare un fenomeno che, per inciso, non veniva considerato come modello culturale. Toccherà aspettare la metà degli anni ’80 affinché quello che è un processo di isolamento sociale inverta il suo moto verso la popolarità. La pietra miliare è il cult movie del 1984 “La rivincita dei Nerds” (Revenge of the Nerds) di Jeff Kanew, che seguendo un certo canone di comicità, finirà per far luce su quella figura che, prima di allora, era semplicemente nota come “lo sfigato”. Da qui in poi è fondamentale l’exploit cinematografico del nerd che ebbe, per altro, il pregio di umanizzarne i tratti, cercando di abbattere lo stereotipo imposto dalla comicità.
È il caso di Anthony Michael Hall in The Breakfast Club, o per mezzo dei personaggi di Cameron e Ferris in Una pazza giornata di vacanza. Ruoli umanizzati, che danno alla figura degli “sfigati” una dimensione più definita e concreta. Ancora poca roba a ben pensarci, ma quanto basta a far parlare del modello sociale del nerd, senza però avviarne l’integrazione che, a conti fatti, non arriverà mai. Da lì in poi un oblio, sino agli anni 2000 che, specie grazie ai forum ed all’avvento dei social, hanno ripescato il termine incollandolo su di un nuovo modello comportamentale. Integrati, felici, capaci di portare le passioni al di fuori delle mura domestiche. I nerd di oggi sono più che altro dei “post nerd”. Ragazzi e ragazze innamoratisi di un termine che non gli è appartenuto, e che, essendo in controtendenza con le sue stesse origini, forse non gli apparterrà mai.
Raffaele Giasi