One Hyde Park: la reggia post moderna nel cuore di Londra

One Hyde Park: la reggia post moderna nel cuore di Londra

La Torre d’Avorio dovrebbe essere semplicemente un’efficace immagine metaforica utile ad indicare l’atteggiamento di chi preferisce ritirarsi in un isolamento ovattato per perseguire i propri obiettivi individuali piuttosto che “sporcarsi le mani” e vivere nel mondo, in mezzo a tutti gli altri comuni mortali. Eppure la suddetta Torre non è più così metaforica, perché le mirabilie dell’architettura contemporanea hanno reso possibile la traslazione in termini reali ed effettivamente immobiliari della sua quintessenza. A rendere possibile questo volo pindarico dal metaforico all’edilizio due fratelli, Christian e Nick Candy, che, a partire dal 2006, insieme all’architetto di fama mondiale Richard Rogers, hanno sviluppato un progetto destinato a declinarsi nella realizzazione di One Hyde Park, il complesso residenziale più costoso al mondo.

La prima società a credere nell’immaginazione un po’ folle dei due fratelli Candy è stata la Waterknights, di proprietà del primo ministro del Qatar Sheikh Hamad bin Jassim bin Jabr Al Thani, e così, nel 2011, finalmente la Torre d’Avorio per ultra ricchi si trasforma da un’idea abbozzata su carta ad un insieme di 86 unità abitative dotate di ogni comodità e diavoleria della tecnica. Nel cuore di Knightsbridge, ad una manciata di passi da Hyde Park sorge l’imponente grattacielo, con un attico che offre al facoltoso proprietario una vista sulla città da togliere il fiato e dal costo talmente esorbitante da meritare senza tema il Guinness dei Primati. La cifra necessaria ad accaparrarsi il super attico e la vista sul parco ammonta infatti a 140 milioni di sterline, pari a 166 milioni di euro, mentre il prezzo per gli appartamenti più piccoli oscilla tra i 7 milioni di euro e i 75 milioni. Il costo al metro quadro per ogni appartamento viaggia intorno alle 20.000 sterline, ma queste piccole regge postmoderne incastonate come un gioiello al centro della capitale britannica, valgono davvero ogni centesimo. Basti pensare che gli ascensori per raggiungere l’attico dei sogni sono dotati di dispositivo per la lettura e il riconoscimento della retina, quasi come nei film di fantascienza, e le finiture degli interni sono di grandissimo pregio: pietre e marmi rarissimi e pregiati provenienti da Turchia, Italia, Brasile, Cina e Egitto e uno specialissimo tipo di cemento “brillante” al quarzo. Inoltre i fortunati residenti delle abitazioni che compongono il grattacielo di One Hyde Park hanno la possibilità di usufruire e godere di un cinema interno, una spa, una piscina da 21 metri, una serie di saune e palestre, una sala videogame, panic-room per attacchi criminali o terroristici, vetri anti-proiettile, valet-service per le auto e un golf simulator. Il complesso poi è collegato attraverso un tunnel sotterraneo, simile ai passaggi segreti dei castelli e dei manieri nobiliari del passato o delle fiabe, all’hotel a cinque stelle Mandarin Oriental tramite il quale si può avere a disposizione due ristoranti e uno staff da 60 persone 24 ore su 24, uno stuolo di maggiordomi, portieri e addetti alla sicurezza per room service, stireria, lavanderia e via dicendo.

L’One Hyde Park è considerato il top del segmento ultralusso del settore immobiliare: a contendersi gli appartamenti sceicchi, magnati e oligarchi soprattutto cinesi, arabi e russi. Stando ai fratelli Candy, infatti, circa il 60% degli appartamenti sarebbe stato acquistato subito dopo l’inaugurazione del 2011, proprio da un esclusivo gruppetto di industriali provenienti da Medio Oriente, Cina, Africa, Russia e India. Il sold out sarebbe molto vicino. “Il lancio – ha affermato Ned Baring di Savills, l’agenzia immobiliare che ha in gestione la superpalazzina – ha avuto molto successo. Questo è il miglior complesso residenziale del mondo e la curiosità, soprattutto da parte della clientela internazionale, è molto forte”.
Forse in confronto all’One Hyde Park, persino la celebre Torre d’Avorio non potrebbe fare altro che impallidire metaforicamente ancora un po’ di più.

di Elisabetta Pasca