Dimmi come ti vesti e ti dir chi vorresti essere

Dimmi come ti vesti e ti dir  chi vorresti essere

L’azienda di Renzo Rosso, italiana per nascita e americanissima per comunicazione, non faceva altro che invogliare container di giovani alla stupidità. Quest’ultima intesa, sia ben chiaro, come capacità di divertirsi, di rischiare, di vivere al massimo l’esistenza. Un solo motto: Be stupid. To be cool.
Una vita spericolata per essere fighi: nulla di nuovo sotto il sole se si pensa che lo stesso messaggio, Vasco, Monsignor della musica tricolore, ce lo raccontava da anni.
E se consideriamo che 1 italiano su 2 ama il Blasco nazionale, si può procedere al sillogismo che porta alla seguente osservazione: il 50% dei ragazzuoli della Federico II, troppo impegnati a sventolare kefie e dredd inutili, a suonare maldestramente bonghi e a far finta di leggere Camus, non si sono accorti di essere caduti in palese contraddizione. Se una vita spericolata viene loro propinata da un’icona rock va tutto bene, se lo stesso messaggio viene veicolato da una multinazionale no.
Cari studenteski, visti i vostri precedenti ermeneutici, spero che adesso non saltiate a conclusioni affrettate: non ho alcun poster sulle pareti della mia stanza, né di Vasco, né di Renzo Rosso, né tantomeno di Benito se è questo che state sospettando.
Ho superato la fase ho bisogno di mostrare chi sono perché in fondo al cuor non ne sono ancora poi tanto convinto. Ho superato la fase, e pure da un bel pezzo.
Sono ormai tanti annetti che lascio decidere al sottoscritto cosa fare della mia vita, cosa pensare, come agire. Senza bisogno di sventolare idiozie utopiche in pubblica piazza, con un megafono che mi amplifica l’ego. Per questo motivo, la campagna pubblicitaria di cui sopra mi lascia eticamente indifferente.
Mi interessa però per altri motivi.
Se è vero che ogni concetto trae origine dal suo opposto e da esso dipende, il bianco e nero, il bene ed il male, il diavolo e l’acqua santa, trovano oggi compagnia lessicale.
Da un lato Diesel, dall’altro Piazza Italia. Iperitalianissima (onomastica nazionalista canta) casa di moda che poche settimane dopo il Telethon promozionale di Renzo Rosso, inaugurava il suo caratterizzandolo per contrasto.
Be intelligent: abbigliamento disciplinato per una nuova generazione, che non ha alcuna voglia di strafare, che pulita e serena appare sin dall’abito che fa il monaco. Compra da noi un jeans a 14,99 euro, non lasciarti abbindolare dal cool e dal pluscool, riscopri la naturalezza e la semplicità, lavati con cura e fai in modo che nessuno possa mai puntarti contro un indice moralizzatore. Sii moderato e vedrai come il tuo look diventerà insindacabile come un fattore neutro.
E adesso? I frikkettoni napoletani dall’alto del loro centro sociale possono ritenersi soddisfatti?
No: perché a guardar bene, la suddetta campagna di moderazione utilizza un testimonial che allo studente medio della Federico II non può per forza di cose aggradare: una fanciulla dalla sconfortante imparzialità estetica, un grado zero in formato donna dell’espressione del sé.
Colpa di nu jeans e na maglietta e na faccia acqua e sapona, come cantava negli anni 80 un certo Nino D’Angelo. E ora cari figli dei fiori napoletani avete il mio permesso: rabbrividite pure due volte.
Ma per i frikkettoni non è finita qui: perché adesso per transitiva proprietà sono portati a rifiutare proprio il claim che reputavano di incarnare, che adesso sta lieto e mansueto accanto alla modella in grado zero.
Il rovescio tennistico al messaggio voluto e cercato da Renzo Rosso, non può più esser loro proprietà.
I centrosocialisti napoletani rimangono così senza il loro aggettivo prediletto nel luogo in cui si credono di essere: un pianeta giusto e probo dove non si nutre il neoliberismo, dove non ci si veste come un personaggio di una canzone di Nino d’angelo, dove si ama la pace e si odia la guerra, si suona, si balla, si canta e si fuma. Con i soldi di papà.
Dimmi come ti vesti e ti dirò chi non sei.

di Pseudonimo