Luttazzi, il Boccaccio di oggi

Luttazzi, il Boccaccio di oggi

Esce dalla porta e rientra dal portone. Così Daniele Luttazzi, fra i più censurati autori di satira italiani, benché di scuola alleniana (“non puoi essere monologhista se non hai studiato bene Woody Allen!”), nell’era dei comici politici e dei politici comici decide di portare quel “Decameron” che La 7 gli censurò dritto dritto sui palcoscenici dello Stivale, in una tournée che ha riscosso successo. Senza mai fare proselitismo, perché “la mia satira è forte di per sé, senza bisogno di seguaci – spiega– ecco perché ho chiuso il mio blog: rischiava di diventare fonte di demagogia come quello di Grillo, solo perché la gente ha bisogno di un leader… ma questa è proprio la tecnica attraverso cui Berlusconi ha raggiunto il potere in questi anni!”.

Come ci si sente ad essere un personaggio “scomodo”?

Non lo si sente granché, se non per il fatto che, mettendoti i bastoni fra le ruote, tutte le energie che dovrebbero essere totalmente dedicate alla tua arte finiscono in parte nei processi e in beghe di cui faresti volentieri a meno. Anche questa è una costante della satira: “Decameron” s’ispirava all’opera del Boccaccio, anche lui censurato perché le novelle vennero giudicate licenziose dalla Chiesa. L’accusa di volgarità è quella con cui da sempre tappano la bocca alla satira, che in realtà usa solo il linguaggio esplicito del corpo.

Dalla televisione al teatro cosa cambia?

Ad oggi ho fatto sei tournée in teatri sempre diversi. Ci sono diverse regioni in cui non riesco ancora a girare e poi un teatro tiene mille, duemila persone al massimo. Una puntata dei miei programmi faceva picchi di due milioni e mezzo di ascolto. Ecco che, togliendoti il volume, non entri più a far parte del discorso pubblico. Ti rendi conto che chi ha il potere lo esercita in maniera micidiale, impietosa.

Esiste in Italia una tv libera o siamo condannati alla “tv del dolore”?

Magari ci siamo un po’ affrancati dalla tv del dolore, tipica degli anni ’90, ma siamo rimasti nella rete di un controllo forte. I materiali che ci arrivano sono un anestetico perfetto, e così la telegenia di certi programmi, il fatto che tu sia avvinto a vedere certe cose è il risultato di tecniche studiate per stimolare un interesse particolare in chi guarda. Lo spettatore pensa di essere lui a scegliere, ma s’illude soltanto. E allora bisogna fare come me: sono anni che non guardo la tv.

Cosa differenziava i suoi programmi dal resto della tv?

Oggi vediamo solo persone che vogliono stare in tv, rotelline dell’ingranaggio. Se invece la tv la fa chi la odia, come me ad esempio, diventi un sassolino nell’ingranaggio, quindi spacchi il mezzo e ne usi la potenza contro esso. Chiaramente “loro” se ne accorgono subito e ti fanno fuori. Ma una spettatrice mi scrisse: “Grazie, perché per 20 minuti ho avuto l’impressione di vivere in un paese libero”. Questo perché forse traspare quasi un atteggiamento di verità esistenziale, non tanto per le cose che dici, ma per come le dici. Si vede che non c’è filtro, ma una sincerità che nel resto della tv non esiste. E questo da una parte è disarmante, dall’altra molto avvincente, il pubblico si rende conto davvero di qualcosa di totalmente diverso. L’effetto era che, per quanto era innovativo e toccava punti delicati, se iniziavi a vedere Decameron e poi facevi zapping negli altri canali, ti sembrava all’improvviso tutto fasullo. Ed è un bel risultato.

Qual è il filo rosso che lega politica, sesso, religione e morte?

Realtà attuali quali Abu Ghraib, ma senza arrivare a questi estremi basti dire che la religione è usata a fini politici per veicolare voti in una certa direzione, visto il peso che il Vaticano ha in Italia. Politica e religione sono poi intrecciate anche nel controllo delle coscienze attraverso il sesso: la prima lo fa con il marketing, con l’economia come lusinga all’acquisto, la seconda lo usa per controllare le persone ed ergersi a giudice della morale e dei comportamenti. Tutto si tiene, con un disegno di egemonie sulle persone che la satira da sempre svela, provando a liberarle. Sono i quattro temi che dagli albori riassumono le esperienze umane e che storicamente appartengono alla satira, fin dai tempi di Aristofane. Solo che lui se la prendeva col culto di Giove, io con il culto attuale.

A proposito di culto, nei suoi monologhi parla molto dell’ingerenza della Chiesa…

Non solo, anche dei privilegi numerosi di cui gode, come esenzione Ici, 8 per mille, fino ad arrivare agli ultimi scandali della pedofilia del clero. Poi affondo il coltello nella piaga: c’è un aspetto storico nascosto alla gente, Gesù è praticamente il Dio Sole, anche lui nato il 25 dicembre da una Vergine, fece dei miracoli, venne crocifisso… ogni cultura a distanza di mille anni ha riproposto la stessa figura, che poi è stata resa da allegorica a storicizzata, personificandola nel tale Gesù. E’ però curioso che su una quarantina di storici della sua stessa epoca nessuno ne parli, a parte i Vangeli. Insomma, attenzione: c’è sempre un velo da squarciare. A questo serve la satira.

Claudia Catalli

www.danieleluttazzi.it

(Nella foto il comico Daniele Luttazzi)